sabato 6 giugno 2015

3 giugno 2015

 Cosa dire di questi 3 giorni di viaggio? Abbiamo trascorso le intere giornate alla guida dandoci il cambio io e Andrea, fermandoci solo per carburante, pasti e dormire.
 Pochissimi chilometri dopo aver superato il confine col Northen Territory, a 5 chilometri dal primo paesino del Queensland Cody ha subito una piccola crisi di disidratazione: i nostri calcoli carburante/chilometraggio erano giusti in teoria, ma non avevo considerato la variabile fisica dell’attrito causato dal vento contrario.
 Ecco che Andrea con tanica appresso si posiziona sul ciglio della strada, sicuro del fatto che avrebbe trovato il solito buon samaritano australiano disponibile ad aiutarci. Ecco che dopo neanche 2 minuti una carovana composta da 3 auto guidate da coppie di mezza età australiani ci hanno prestato 10 litri di loro benzina che gli abbiamo reso immediatamente arrivati al distributore.

Inoltre devo ricordare i 300.000 Km compiuti da Cody durante il tragitto e festeggiati in mattinata con un buon coca&whisky (quest’ultimo era nelle scorte di Carlotta da tempi immemori)  e in serata con una svunza ed economica torta al cioccolato ornata di tanto di 3 candeline; Carlotta ovviamente si è avventata sulla torta come se non ci fosse stato un domani e il resto che è avanzato è stato il suo sogno erotico per tutta la notte.


Adesso, mentre Carlotta sta scrivendo ciò che le detto dal momento che io sto guidando, e mentre Andrea nel retro sta sistemando le foto, il contachilometri segna la bellezza di 10.000 Km, ovvero i chilometri percorsi da quando abbiamo lasciato Margaret circa un mese fa.











Oggi 5 giugno 2015 siamo arrivati sulla costa est dell’Australia, a Townsville abbiamo in parte raggiunto uno dei nostri obbiettivi, attraversare il paese e tre diversi stati percorrendo più di 10000km.
Sono stati giorni indimenticabili, in cui abbiamo avuto solo pochi contrattempi.
Ora ci rimane solo una discesa, “discesa” si fa per dire! Lungo questa costa meno selvaggia ma sicuramente con molto da offrire in direzione sud, verso Byron.





31 maggio 2015

Lasciamo la città, che come sempre, non fa per me, e torniamo sull’asfalto desolato che ci conduce oggi al Kakadu National Park, dove per non pagare una parte dei  (troppi) 25 dollari a testa ,io mi sono nascosto nel retro del van sotto le coperte e parte della discarica che ci portiamo appresso. Ovviamente non ci sono stati controlli, però la cifra ci è sembrata veramente esagerata.

L’idea iniziale era quella di raggiungere Ubirr, luogo in cui an ora si possono ammirare pitture rupestri antichissime e dalla cui altura avremmo potuto godere di  un tramonto mozzafiato su una distesa di foresta e paludi a perdita d’occhio. Ovviamente arriviamo troppo tardi, e per soli 10 minuti ci perdiamo sia il tramonto che la galleria, accontentandoci di salire per vedere quello che il post tramonto ci permette di vedere, Decidiamo così di dormire nell’area campeggio vicina per vedere tutto l’indomani.

Nel frattempo che ci avviamo verso l’aera ecco che spuntano la solita nuvola di Fantozzi che, come previsto dalla guida aborigena a Ubirr, comincia a scaricare gran goccioloni. Ce ne restiamo in van e dopo poco smette. Ma il peggio sta solo iniziando: appena apriamo le portiere una valanga di zanzarine ci invade l’abitacolo mangiandoci letteralmente, ma ottimisti pensiamo che sia solo l’assalto dell’imbrunire. Non è così: le zanzare incrementano di numero minuto per minuto, fino a che dopo aver cenato sul bagnato, vestiti dalla testa ai piedi per evitare di essere punti –sebbene ci fossero 30 gradi-  provandone di ogni per scacciarle: accendere una candela; accendere uno zampirone bagnato rinvenuto per terra; appicciare un fuoco con una guida di Darwin in carta plastificata che più che altro ha intossicato noialtri; la brillante idea di Carlotta di affettare cipolle e aglio e cospergerne il tavolo, oltre che se stessa. Dopo tutti questi tentativi abbiamo evinto che era impossibile restare fuori, decidendo di fiondarci in tenda, e Andrea nel van ovviamente. Una volta dentro realizziamo che ci sono altri centinaia di zanzare all’interno; dopo averle ammazzate tutte siamo tranquilli, separati da queste piccoli vampiri demoniaci da una sottile retina. A centinaia gli insetti inferociti se ne restano appiccicati alle pareti della tenda-retina sniffando la nostra anidride carbonica.  Nel silenzio, oltre al brusio di questi schifosi esseri che infestano questa foresta malarica in cui siamo capitati si sentono ben distinte le botte sorde che provengono dall’interno del van e che vanno avanti a varie riprese per tutta la notte: il povero Andrea combatte valorosamente fino all’alba, applicando oltre le manate, innumerevoli quanto inutili tecniche di difesa. Ovvero:
dormire completamente vestito sotto le lenzuola rischiando l’asfissia;
indossare la retina anti mosche con tanto di capellino munito di visiera per aver lo spazio necessario a respirare;
accendere 5 incensi trovati nel van(rischiando la vita dovendo uscire dal lenzuolo);
applicare una retina tra il retro e l’abitacolo in cui risiedeva il numero maggiore di zanzare, retina che puntualmente cadeva;
infine accendere la musica per sovrastare almeno il ronzio imperterrito.
Il disgraziato si è visto costretto pure a urinare in una bottiglia vuota e lanciarne il contenuto fuori dal finestrino.

Andrea non ha chiuso occhio, come si può immaginare.


La mattina il numero impressionante di zanzare non era cambiato e ha reso difficile le azioni di routine dello smontaggio accampamento. Vi giuro, mai mi era capitata una cosa simile, neanche nelle peggiori serate al Ticino.

Come reduci di guerra, neanche dopo una donazione all’AVIS ci sentivamo così debilitati: piagati dalle sgagnate su tutto il corpo, madidi di sudore, stremati e con le magliette ed il van costellati di macchie di sangue ci avviamo sgommando alla volta di una pozza sopraelevata, raggiungibile con una scalata di 125 metri e dalla quale sgorgava una cascata grandiosa. La fresca acqua delle pozze ha dato sollievo alle nostre piaghe; ci siamo potuti rilassare e godere il panorama mozzafiato sguazzando in questo paradiso terrestre.

Ci rimettiamo in marcia, per la prima volta in direzione Sud, ritoccando Katerine, facendo rifornimento cibo, acqua e benzina, riempiendo tutte le taniche a disposizione, così da evitare di farlo presso i benzinai più cari durante l’unica via possibile; è la via che spacca a metà per verticale il Northern Territory e che condurrebbe al cuore dell’Australia, ovvero Uluru (posto sacro aborigerno simbolo del continente già visitato da me e Andre). Ma noi vogliamo il mare, il surf e la costa,
Quindi Queesland.  Ci aspettano 3 lunghi giorni di viaggio in cui le sole fermate saranno per rifornimenti benzina, mangiare e dormire.

Lungo il percorso per Tennent Creek, in mattinata, ci siamo concessi una rilassante pausa presso delle incantevoli fonti termali in un palmeto, sembrava un’oasi nel deserto.
  In serata, arrivati a Tennent Creek abbiamo giusto fatto rifornimenti di benza per poi finalmente svoltare verso Est per iniziare a percorrere i quasi 2000 Km che ci separano dalla east-cost.

























22 maggio 2015


Lasciamo la costa per andare nell’entroterra, verso Est, per ammirare le gole del Karijini National Park. Il tempo non è stato dalla nostra permettendoci di vedere,  per motivi di sicurezza, solo punti panoramici e  piscine naturali più accessibili.
Quel poco che abbiamo visto del famosissimo parco ci ha però fatto capire la magnificenza che questo Western Australia ha da offrire, e quante altre cose avrebbe da mostrare se in possesso di un bel 4x4 che possa portare ovunque.

Ma noi per oggi ci accontentiamo, alla fine di ogni giornata abbiamo visto tante cose,  portandoci appresso il mal di testa, vuoi per le troppe immagini e video che il nostro cervello deve salvare nel database, vuoi perché qui a nord fa veramente molto caldo; pure ogni mattina ci svegliamo in un forno, che sia la tenda o che sia il van.

Siamo arrivati a Broome. Avendo percorso 5000km siamo praticamente a metà del nostro viaggio. Qui finalmente abbiamo ritrovato il mare, che dopo soli due giorni già mancava: nella sconfinata Cable Beach ci siamo rilassati, abbiamo ammirato tramonti mozzafiato con tanto di cammelli che passeggiano nel pomeriggio lungo il bagnasciuga scoperto dalla bassa marea. In realtà abbiamo anche cercato di surfare delle ondine inesistenti, sempre tenendo un occhio vigile alle acque che a quanto si dice vengono frequentate anche dai coccodrilli.

Ci siamo rimessi in viaggio, questa volta senza Sandrino al seguito, il quale ci ha abbandonato perché deve far controllare il suo fuoristrada, dopodichè vorrebbe comunque arrivare a Byron bay, tagliando per l’entroterra, senza  passare da Darwin, come faremo noi.
 Iolanda si è stabilita a Broome in una casa bellissima con piscina, dove trascorrerà per i suo ultimi mesi in Australia. Stessa sorte per Luca e Alessandro, nostri giovani e romani ex coinquilini, i quali hanno già trovato impiego come cuochi.

Cody continua quindi a macinare chilometri con a bordo me, Andre e le due Carlotte, decisi e convinti a raggiungere il nostro obbiettivo, nonché la tappa di partenza di questa Australia per Andre, ma in fondo anche per me: Byron Bay.
Scrivo da una bellissima area di sosta sotto una mezza Luna che splende lasciando però anche brillare una stellata mozzafiato. Domani mattina io e Carlotta ci sveglieremo e affacciandoci dalla tendina ci godremo un paesaggio che sarà una sorpresa; sorpresa come sempre dato che arriviamo nelle aree di sosta costantemente quando ormai è già buio! Vado a letto che sono cotto, come tutti i giorni del resto; cotto dal sole, dai tanti chilometri e dalla mancanza di un letto!

Come previsto ci svegliamo con una vista spettacolare, sull’arsa rossastra terra australiana; maciniamo chilometri fino ad arrivare al bivio che ci condurrà nel Northen Territory. Ma, prima di svoltare ad Est, c’è una tappa obbligatoria che non possiamo mancare. Percorriamo più di 30 Km di asfaltato  durante i quali il Cody non trova alcun ostacolo; ma ecco che , dietro una curva, si nasconde un rigagnolo che all’apparenza sembrerebbe valicabile ma i numerosi fuoristrada che lo guadano venendo nella nostra direzione ci fanno pensare che forse è meglio evitare di continuare col van. Siamo però per forza di cose obbligati a percorrere questa unica strada alla cui fine si trova l’unica pompa di benzina nell’arco di centinaia di chilometri. E noi siamo a secco.

Ecco allora che io e Carlotta , muniti di tanica, ci avviamo a piedi sotto un Sole a dir poco cocente di mezzodì. Fortunatamente dopo pochi centinaia di metri ( durante i quali la tanica vuota di metallo già cominciava a pesare) un buon samaritano australiano, padre di famiglia…a presso, ci carica gentilmente sul suo pick-up; dopo poco incontriamo quello che poteva diventare un vero e proprio ostacolo per il nostro van e per la nostra incolumità: ci troviamo davanti ad una sorta di ramo delizia nei periodi di piena del Ticino dove la frase del nostro salvatore ci suona come campanello d’allarme: “ah, not crocodile at this time!”.
  A (cara) benzina fatta torniamo indietro  con la nostra tanicuccia da 20 litri come 2 poveri disgraziati, che hanno subito impietosito i primi passanti a bordo di un modernissimo fuoristrada riconsegnandoci a Cody e all’Andre che ci aspettava attingendo alle acque del fiume per pulizia van e personale (un passante allarmato vedendolo con una bottiglia di quell’acqua in mano gli disse che se avesse avuto bisogno poteva offrirgli parte delle sue scorte idriche potabili).

Si riparte. Dopo pochi chilometri fermiamo il van fin dove la strada ce lo consente, dopodiché io Andrea ci avviamo a vedere le pozze del El Questro che, a nostro avviso, dovrebbero trovarsi nelle vicinanze. Carlotta, sentendosi poco bene e intuendo la situazione a venire, decide di restare al van, all’ombra di quella poca ombra necessaria non schiattare.
Partiamo convinti a piedi scalzi in biuta muniti solo di costume, macchina fotografica e acqua alla ricerca di queste pozze con tanto di cascata finale.
Dopo soli 2-3 km su una strada di sabbia bollente ecco che arriva il percorso per raggiungere le pozze, all’inizio del quale un bel cartello segnale che per arrivare alla meta e tornare ci vogliono indicativamente dalle 4-5 ore. Iniziamo con l’idea di fare almeno un bagno visto il caldo allucinante . Il sentiero, da prima melmoso, si fa roccioso e spigoloso per la gioia dei nostri piedini. Arriviamo alla prima pozza, dove è impossibile rinunciare ad un guadagnato bagno; ecco che Andre, scavalcando un sasso fa un movimento sbagliato che aggrava il dolore costante alla costola che si porta avanti da mesi. Ecco che decidiamo di tornare al van, dove Carlotta ci aspetta agonizzante sulla sedia con la bocca ancora sporca di cioccolata.

 Discretamente stravolti in questa bolla di caldo vogliamo definitivamente farci un bel bagno. Troviamo finalmente sulla strada di ritorno a quella che secondo le guide (e della nostra cara Traudel) è una delle cascate più belle del Wester Australia. Dopo un percorso in una gola di poco meno di mezz’ora dal parcheggio ci troviamo in un magnifico anfiteatro di roccia rossa altro un centinaio di metri dalle cui alture sgorgava acqua riversandosi in un laghetto cristallino da cartolina. Ci siamo immediatamente tuffati guardando verso l’alto a bocca aperta: le pareti erano rivestite di verdissimi felci e muschi, dalle quali piovevano gocce d’acqua freschissima. Dopo aver visto quest’ultima gemma del WA torniamo al caldo soffocante del nostro van, percorrendo i pochi chilometri che ci separano dal confine del Northen Territory, che passiamo nell’ora del tramonto.


Il giorno seguente il nostro unico obbiettivo è quello di raggiungere Darwin entro sera. Arriviamo in città al tramonto: era un mese che non vedevamo una città , con i suoi grattacieli e le sue strade a doppia corsia. Ci fermiamo ad un parco sul mare ad Est Point, dove incontriamo Rossella, un’amica di Carlotta che ci dà qualche dritta sulla città. Facciamo una doccia , dopo aver programmato la serata guardando le previsioni, le quali dicono che non pioverà. Usciamo dalla doccia e puntuale dopo qualche tuono di preavviso comincia a diluviare. Per fortuna dura poco, giusto il tempo di riportarci in centro dove abbiamo cenato e bevuto qualcosa in un locale dopo settimane fuori “dalla civiltà”. Ad una certa eravamo comunque cotti, l’umidità era quasi al 100% e continuava a gocciolare. Sudati fradici ci mettiamo in cerca di un posto dove parcheggiare il van. Il mattino seguente, dopo aver dormito poco e male siamo andati a visitare l’orto botanico e il Museo di questo capoluogo di uno stato che nella sua vastità ospita solo 200mila abitanti di cui ben il 30% aborigeni, i quali finora ci hanno solo dato l’idea di essere dei nullafacenti vagabondi che soprattutto dopo l’imbrunire si ritrovano puntualmente alle pompe di benzina in cui avvengono all’ordine del giorno scontri e litigi  che richiamano immediatamente la polizia locale, i quali caricano i soggetti più irruenti nelle gabbie dei loro pick-up per riportarli a casa o scaricarli dietro l’angolo…la situazione è veramente tragica, e molto triste. Raramente si vede un aborigeno ben inserito nella società, la maggior parte se ne sta a bordo strada a farsi e bere schifezze a bordo strada, e l’unica domanda che ti viene rivolta è per sapere se hai sigarette da offrirgli.